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IL MANTELLO, immagine del dono

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Due delle grandi tele del pittore Elvis Spadoni, che hanno fatto parte del percorso tematico “Il Mantello, lo scandalo del dono”, rimangono esposte alla GASC. Si tratta de l’Adultera e L’Ecce Homo: due opere che sanno diventare esegesi.

 

di Luigi Codemo

Le grandi ali distese dell’aquila sono un’immagine usata nella Bibbia per significare la protezione che Dio dedica al suo popolo: “Come l’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, Egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore guidò il suo popolo da solo.” (Dt 32, 11).

Con il termine “ali” vengono indicati anche gli orli, le estremità del mantello sotto la cui ombra è possibile trovare riparo, rifugio, misericordia. Come allora non ricordare quel bellissimo passo del profeta Ezechiele che raffigura in questo modo la cura di Dio per il suo piccolo popolo: “Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l’età dell’amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia” (Ez 16, 8).

Il mantello è una figura che ricorre moltissimo nelle Sacre Scritture e assume un significato preciso: è l’indumento che copre e protegge chi lo indossa e, allo stesso tempo, è la veste esterna che può essere tolta per essere offerta a chi ha bisogno di riparo. Il mantello, nell’Antico come nel Nuovo Testamento, è simbolo di relazione, di attenzione all’altro, di cura e di dono.

Pensiamo ad esempio all’episodio dell’Emorroissa quando si avvicina a Gesù: anche il Cardinal Martini, nella sua lettera pastorale “Il lembo del mantello”, ravvisò in questa veste un mezzo che consente di entrare in contatto con il mistero di Dio. L’invito della lettera infatti era quello di cogliere tutti gli strumenti che possono aprire “una vera comunicazione umanizzante e addirittura salvifica con Dio”.

Ed è stato proprio partendo da queste riflessioni che l’artista Elvis Spadoni (Urbino 1979) ha sviluppato una serie di quadri incentrati sul tema del mantello: due di questi sono ora esposti in modo permanente nella raccolta museale della GASC | Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei. Vale la pena di soffermarsi davanti a queste due opere che risultano come una meditazione che accompagna il visitatore.

La prima è una tela molto grande, cinque metri per due, e rappresenta l’episodio evangelico dell’Adultera (Gv 8,1-11). Cristo, avvolto in un mantello rosso, è chinato mentre la donna si sta lentamente rialzando. Sulla scena c’è un grande vuoto, coloro che volevano lapidarla non ci sono più, se ne sono andati. A terra sono rimaste solo le pietre, lasciate cadere una ad una. Ammucchiati in un angolo ci sono ancora i loro mantelli. L’usanza infatti era quella di togliersi il mantello prima di eseguire la condanna a morte. Questo per avere i movimenti più agili, ma un simile gesto nelle Sacre Scritture assume anche un significato preciso: per lapidare era necessario deporre ciò di cui il mantello è simbolo, ovvero era necessario dismettere ogni cura e attenzione per il prossimo. Cristo, all’opposto, è interamente coperto dal mantello e per di più di colore rosso, il colore del sangue, del sacrificio, del dono di sé, della carità.

Ma il dipinto offre una lettura supplementare di questo passo del Vangelo introducendo nella scena un brano tratto dagli Atti degli Apostoli: a custodire quei mantelli ammucchiati vediamo una figura, senza volto ma identificabile con la persona di San Paolo, l’apostolo delle genti che prima della conversione assistette, proprio tenendo i mantelli, alla lapidazione di Stefano, il primo martire cristiano (At 7,58). Qui l’artista unisce due episodi cronologicamente distanti tra loro ma strettamente collegati nel significato: è come se San Paolo di fronte a questa scena potesse comprendere che il nuovo senso della legge a cui li guida Gesù è quanto simboleggiato dal mantello, ovvero l’amore e il perdono, mentre l’antica legge imponeva di deporlo. Per seguire Cristo è necessario rivestirsi di quel mantello rosso (cfr. Col 3,9-10).

La seconda tela raffigura il tema dell’Ecce homo. La postura di Cristo è regale, il volto è fiero. Ma quel mantello di porpora è talmente sproporzionato che ci invita ad andare oltre con la riflessione. La corona è di spine, lo scettro è una canna. Quel senso di regalità che appare alla prima impressione si rovescia in parodia e umiliazione: la divinità di Cristo è come svuotata.

Il dipinto crea un movimento di abbassamento. Cristo è nudo e rivestito del solo mantello. Anzi, Cristo “è solo mantello”, e poiché nelle Scritture il mantello è simbolo di dono allora l’identità di Gesù è rappresentata dalla sua capacità di essere totale donazione di sé per il prossimo. In quel mantello eccessivo e traboccante riconosciamo la capacità di Dio di amare. In ciò che appare debolezza, scopriamo invece esserci una forza più grande di ogni umiliazione e di ogni morte.

È come se il dipinto indicasse a chi lo contempla un doppio movimento: prima un abbassamento e poi, nel momento in cui emerge la forza di una vita donata per il prossimo, una risalita. È quello stesso andamento che San Paolo descrive nell’inno della Lettera ai Filippesi: prima un abbassamento “Egli non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”, e poi un innalzamento “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore! a gloria di Dio Padre” (Fil 2,6-11).

Il mantello oggi: San Martino

Il tema del mantello ritorna in modo emblematico nella storia di San Martino, il soldato che tagliò il mantello per darne un pezzo al povero. Questo Santo ricorda che seguire Cristo oggi significa “donare ogni giorno il proprio mantello”.

GASC con i suoi Servizi Educativi ha proposto questo soggetto iconografico in un laboratorio creativo che ha visto coinvolti ragazzi e genitori: partendo dal semplice tracciato del disegno sulla tela, guidati dall’artista Elvis Spadoni, il gruppo ha creato i colori e dipinto insieme, come in un’antica bottega d’arte, un dittico con San Martino, il cavallo e il povero.