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Francesco Messina: il pianto di Adamo

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Opera presentata in occasione del primo concerto pianistico della rassegna MUSEO IN CONCERTO.

 

FRANCESCO MESSINA

(Linguaglossa 1900 – Milano 1995)

IL PIANTO DI ADAMO

1929

bronzo

GASC | Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei

 

Il programma del primo piano concerto copre un arco temporale molto ampio: da Bach a Mozart, passando per Liszt fino a Scriabin. Abbiamo quindi accostato un’opera d’arte capace di un respiro altrettanto ampio: Il pianto di Adamo, scultura di Francesco Messina.

Realizzato nel 1929, questo bronzo guarda ai grandi maestri del passato e, allo stesso tempo, anticipa le tendenze che seguiranno.

La postura di Adamo, chinato in avanti mentre cammina col volto tra le mani, richiama esplicitamente quella che troviamo ne La cacciata dal Paradiso dipinta da Masaccio per la Cappella Brancacci, nella chiesa di S. Maria del Carmine, a Firenze.

Francesco Messina, però, non si limita a calcare un modello del passato. La materia tra le sue mani viene plasmata in modo immediato, veloce, quasi nervoso. Anticipa quella tendenza ad allungare e a scarnificare la figura umana che caratterizzerà tanta arte del ‘900. Adamo che cammina fa presagire quello che vedremo nelle sculture filiformi de L’uomo che cammina di Alberto Giacometti.

Nell’Adamo di Messina possiamo vedere rappresentato ogni uomo, ma non in astratto bensì dentro una storia, dentro un codice simbolico preciso, dentro una narrazione condivisa. Rappresenta l’uomo nella sua drammatica solitudine, nella sua inadeguatezza a rapportarsi in modo pieno e autentico con l’assoluto. La sua falcata non è più quella di colui che passeggia dialogando con Dio nel paradiso terrestre, ma quella dell’esilio, della lontananza dall’intimità con l’eterno. Adamo nasconde il volto tra le mani: creato a immagine e somiglianza di Dio appare ora irriconoscibile.

La storia che seguirà a questo pianto di Adamo la ritroviamo riflessa nelle opere di questa nostra raccolta museale: in fondo, ogni opera qui esposta non fa altro che raccontare del paziente e tenace tentativo di ricreare un rapporto autentico tra l’uomo e l’assoluto.